Imprenditoria sociale: tra i fallimenti del mercato e quelli dello stato

Gli imprenditori sono spesso descritti come individui curiosi, amanti del rischio, visionari, creativi e ottimisti. Prendono strade nuove, esplorano risorse nascoste, realizzano idee innovative e sfruttano la creatività per trovare soluzioni a diversi problemi.


Gli imprenditori sociali utilizzano strumenti innovativi e meccanismi di mercato per risolvere problemi sociali importanti e urgenti, lasciando un segno positivo sulla società nel suo complesso. L’imprenditoria sociale è un fenomeno relativamente nuovo e opera in aree in cui i tradizionali meccanismi di mercato e le strutture di supporto di tipo governativo per lo stanziamento delle risorse e la ripartizione dei poteri hanno fallito. Di solito, gli imprenditori sociali partono da risorse e poteri limitati, senza importanti posizioni gerarchiche, ma sfruttano il proprio pensiero innovativo, il proprio entusiasmo e la propria passione per raggiungere gli obiettivi che si sono prefissi.
L’imprenditoria sociale si è affermata come materia sia accademica sia pratica, principalmente negli Stati Uniti. In Europa, questo concetto ha fatto la sua prima comparsa in Italia nei primi anni Novanta, strettamente legato al movimento cooperativo e alle discussioni incentrate sull’economia sociale. Nel 2002, il governo britannico ha lanciato una strategia nazionale per l’imprenditoria sociale. Anche la Danimarca ha iniziato a lavorare su una strategia nazionale per l’innovazione sociale. La definizione più completa e più diffusa dell’imprenditoria sociale è stata pubblicata dal governo britannico nel documento Social Enterprise: A Strategy for Success (Impresa sociale: una strategia per il successo) del 2006:
“Un’impresa sociale è un’azienda che ha obiettivi principalmente sociali e reinveste le proprie eccedenze a fini sociali, in azienda o nella comunità, piuttosto che per la massimizzazione del profitto per i propri azionisti e titolari”.