Visualizzazione post con etichetta educazione. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta educazione. Mostra tutti i post

Sono in crisi... ma...





“Sono in crisi”: chi non ha mai detto, o anche solo pensato, questa frase? Nella vita sono molteplici e variegati gli eventi che minacciano la nostra stabilità, che scuotono dalle fondamenta l’edificio della nostra identità e, se non governati in modo opportuno, possono finire per decostruirlo. Questo perché l’uomo vive nel tempo: non è un’entità che, una volta raggiunta una determinata forma, la mantiene in eterno. Quello che avviene nella nostra vita, che lo vogliamo o no, ci cambia. Gli studi che intraprendiamo, le relazioni che intessiamo, il nostro lavoro, i nostri hobby sono tutti elementi che compartecipano la costruzione dell’identità personale. Può succedere, anzi è ciò che accade la maggior parte delle volte, che nel corso della vita si modifichino degli aspetti che noi riteniamo fondamentali per l’apporto che conferiscono alla nostra identità. Cambiare lavoro, per esempio, è un’eventualità fin troppo frequente oggi, in cui la parola d’ordine è flessibilità. Perdere un elemento che caratterizza in modo forte la nostra personalità può rappresentare un momento di crisi, che se non viene gestita nel modo migliore può avere risvolti molto negativi per la stabilità della persona.
La pedagogia del corso di vita è una disciplina che studia i mutamenti che avvengono durante il corso della vita di ognuno, analizzando in particolare le conseguenze che tali mutamenti provocano nella biografia personale. Proprio sulle problematiche legate all’insorgere della crisi si è interrogato lo psicologo Erik Erikson, che ne ha dato una lettura assolutamente originale e gravida di interessanti spunti di riflessione: utile per i pedagogisti, certo, ma anche per chiunque si trovi ad affrontare una crisi e abbia la necessità di rifletterci sopra e di riprendere le redini della propria vita.
La pedagogia si giustifica perché l’uomo è educabile: la pedagogia deve esistere perché l’uomo è sempre possibile il cambiamento. Compito della pedagogia è aiutare il soggetto a governare il cambiamento, affinché esso proceda nella direzione di costruzione dell’identità anziché in quella di distruzione dell’identità.

Alfabetizzazione e competenze per il XXI secolo


In questa nostra epoca digitale, gli educatori devono padroneggiare alcune abilità conoscitive cruciali. Quali? Il teorico dei media, nonché concreto professionista, Howard Rheingold ha parlato di quattro “Alfabetizzazioni del Ventunesimo secolo” – attenzione, partecipazione, collaborazione e consapevolezza della rete – a cui dobbiamo orientarci, che dobbiamo comprendere e coltivare nell’era digitale. Tutti conosciamo le tre alfabetizzazioni standard del “leggere, scrivere, far di conto”. Che altro è richiesto nella nostra era digitale? Il futurista Alvin Toffler sostiene che, nel ventunesimo secolo, dobbiamo conoscere non solo quelle tre, ma anche come imparare, disimparare e re-imparare. Ragionando su queste suggestioni, ecco qui dieci alfabetizzazioni che sembrano cruciali per la nostra era digitale. Nessuna di queste è rintracciabile nella “metrica” normale del nostro sistema educativo, tuttavia tutte sono abilità cruciali per il nostro tempo.

Attenzione: Quali sono i nuovi modi con cui prestiamo attenzione nell’era digitale? Come dobbiamo cambiare i nostri concetti e pratiche dell’attenzione per una nuova era? Come impariamo e pratichiamo nuove forme di attenzione nell’era digitale?

Partecipazione: Soltanto una piccola percentuale di coloro che usano i nuovi media partecipativi contribuisce realmente. Come incoraggiamo l’interazione e la partecipazione significativa? Con quale obiettivo, a livello culturale, sociale, o civico?

Collaborazione: Come incoraggiamo forme di collaborazione significative e innovative? Gli studi indicano che la collaborazione può riconfermare semplicemente il consenso, agendo più come pressione esercitata dal gruppo dei pari piuttosto che come una leva al vero pensiero originale. Andrebbe forse coltivata una metodologia di “collaborazione per differenza” per potenziare e orientare in modo più significativo e efficace l’apporto che i diversi gruppi possono fornire.

Consapevolezza della rete: Che cosa possiamo fare per meglio capire sia in che modo prosperiamo come individui creativi sia per comprendere appieno il nostro contributo all’interno di una rete fatta di altre persone? Come avere una comprensione adeguata di cosa sia una rete allargata, e ciò che possiamo da essa ottenere?

Disegno e progettazione: In che modo l’informazione è convogliata nelle diverse forme digitali? In che modo capiamo e pratichiamo gli elementi di una buona progettazione in quanto parte delle nostra comunicazione e delle nostre pratiche interazionali?

Descrizione, narrazione: In che modo gli elementi narrativi modellano le informazioni che desideriamo trasferire, aiutandole ad avere forza in un mondo fatto di flussi informativi moltiplicati e tra loro in competizione?

Consumo critico dell’informazione: Senza un filtro (quali i redattori, gli esperti ed i professionisti), molte informazioni sul Internet possono essere inesatte, ingannevoli, o inadeguate. Anche i media tradizionali, naturalmente, risentono di questi difetti che però oggi sono esacerbati dalla diffusione digitale. Come impariamo a essere critici? Quali sono gli standard della credibilità?

Digital Divide, partecipazione digitale: Quali divisioni ancora permangono nella cultura digitale? Vi sono aspetti basilari dell’economia, della cultura, e dei livelli di alfabetizzazione che dettano non solo chi può partecipare all’era digitale ma anche come partecipiamo?

Etica e tutela: In che modo etico e responsabile possiamo muovere partendo da partecipazione, scambio, collaborazione e dalla comunicazione in direzione di una maggiore qualità sociale del vivere, grazie agli strumenti digitali?

Apprendere, disimparare e re-imparare: Alvin Toffler ha detto che, nel mondo in evoluzione rapida del ventunesimo secolo, l’abilità più importante è avere la capacità di fermarsi, vedere che cosa non sta funzionando e conseguentemente scoprire i modi per disimparare i vecchi modelli e reimparare a imparare. Questo richiede il coinvolgimento di tutte altre abilità, ma si tratta forse della singola capacità che è più importante insegnare. Significa che, ogni volta che qualcuno pensa in maniera nostalgica, domandandosi se “i bei vecchi tempi” torneranno, un riflesso “disimparante” possa rapidamente forzare quelle persone a pensare che cosa realmente significa una tal comparazione, che vantaggio ci porta, e cosa di buono possa fare provare a invertire il pensiero stesso. Cosa possono portare “questi nei nuovi giorni”? Proprio in quanto esperimento di pensiero gedanken experiment – il tentativo di disimparare le nostre risposte irriflesse, automatiche, alla situazione del cambiamento è l’unico modo di riflettere veramente sulle nostre abitudini nel resistere al cambiamento.

Articolo in inglese clicca qui.